sabato 4 luglio 2009

Insegnare?

Docendo discimus

Seneca
La definizione di insegnamento implica una trasmissione formalizzata di conoscenze, mentre quella di formazione tira in ballo lo sviluppo compiuto di un individuo sia in termini di personalità che in ambito professionale. Ai fini di questo scritto l'insegnamento è considerato una mistura di questi due concetti e, quindi, utilizzo questo termine in una maniera forse impropria ma non ho voglia di addentrarmi in questioni di tipo semantico (spero mi perdonerete).

L'insegnamento è un meccanismo presente in maniera abbastanza diffusa in natura, soprattutto nei vertebrati a sangue caldo (mammiferi ed uccelli). Mamma ghepardo (Acinonyx jubatus) mostra ai cuccioli come cacciare, gli scimpanzè (genere Pan) sono in grado di insegnarsi l'un l'altro a compiere semplici azioni, certo c'è un notevole differenza tra l'apprendimento per imitazione e l'insegnamento volontario..
In Homo sapiens importanti adattamenti (come la struttura tridimensionale del cranio, la neotenia e la struttura sociale) sono stati fissati anche per prolungare il periodo di intenso apprendimento del cucciolo e un sistema didattico si è evoluto al fine di migliorare l'efficacia e l'efficienza dell'apprendimento (con ovvi benefici per la fitness del nucleo familiare).
L'insegnamento tra gli uomini, quindi, avviene continuamente in maniera più o meno volontaria. Il problema di un insegnamento per imitazione nella società mass-mediale di oggi è che i modelli facilmente fruibili (le star nei video, il protagonista di un serial, il traceur che si allena duro per sfondare nello spettacolo) sono generalmente funzione di un sistema che non è finalizzato alla crescita armonica degli individui quanto, piuttosto, alle logiche commerciali (si veda anche qui).
Ecco che, quindi, è l'insegnamento volontario, didattico e, se vogliamo, pedagogico l'unico che ci permette il trasferimento da una "generazione" all'altra di una disciplina (e più in generale di molte altre materie complesse che non sono solo una somma di nozioni) nella sua interezza, con sistemi di allenamento, valori e codici.
Quindi si, credo che il Parkour vada insegnato (come d'altra parte è stato insegnato a me). Il problema è come farlo e chi deve avere questo privilegio-responsabilità..

Ora, in sintesi, entriamo più nello specifico.
Esistono diverse modalità di insegnamento, elenco e do una breve descrizione:
  • Indoor: qui non si insegna il parkour, ma la palestra è un buon strumento per sottolineare l'importanza del condizionamento e per permettere anche ai meno pronti di studiare le tecniche base. Importante è chiarire che la palestra, da sola, può aiutare solo a creare i prerequisiti per il parkour.
  • Outdoor: all'esterno si può fare tutto, il parkour è qui. L'ideale sarebbe sfruttare questo ambiente "ostile" per rompere le barriere mentali e per applicare le tecniche in tracciati.
  • Corsi nelle scuole: iniziative lodevoli ed importanti, non tanto al fine di trasmettere la disciplina quanto, piuttosto, di aiutare i ragazzi a vivere una vita motoriamente intensa e evitare "nature deficit disorder".
  • Workshops: probabilmente il sistema migliore, consente di raggiungere un vasto numero di interessati e promuove una certa autonomia.
  • Lezioni private: mah, solo in casi particolari. Ovviamente il sistema è efficacie ma va valutato caso per caso.
Inoltre dobbiamo valutare alcune questioni. In primis il problema della certificazione: sono abbastanza convinto che un sistema di certificazione serva ad evitare che i ciarlatani si arricchiscano arrecando danni, d'altra parte ci sono alcuni tutor di parkour (soprattutto a nord delle alpi e oltre oceano) che non hanno certificazioni ma sono decisamente competenti e devoti. Per il momento l'unico sistema valido è l'ADAPT. Altra questione importante è il rapporto tutor/numero di studenti, rapporto che, per garantire un buon livello qualitativo, deve rimanere basso. A PkGen, per esempio, mantengono un rapporto di un tutor per 10-15 praticanti in palestra, rapporto che si dimezza negli allenamenti outdoor. Per ultimo (ma non per importanza) la questione soldi. Un buon sistema di pagamento dovrebbe permettere allo studente di svincolarsi dal corso in ogni momento egli decida di aver raggiunto un sufficiente livello di autonmia (il raggiungimento del quale dovrebbe essere uno dei principali obiettivi di qualsiasi corso). Inoltre il prezzo dovrebbe assestarsi per garantire vasta accessibilità ma mantenere un buon standard qualitativo.

Finirei con una lista di PRO e CONTRO i corsi e con qualche idea su come ammortizzare i contro tra parentesi.
PRO:
  • trasmissione sicura della disciplina nella sua completezza
  • obbligo di un condizionamento intenso
  • possibilità maggiori di far crescere i meno abili
  • avere una guida a disposizione dello studente
CONTRO:
  • omologazione (incoraggiare ad allenarsi anche autonomamente)
  • gli studenti si trovano davanti dei movimenti "preconfezionati" (cercare di evitare di proporre movimenti, piuttosto aspettare che gli studenti li "vedano")
  • costo (spingere perchè si raggiunga l'autonomima)
  • "effetto materasso", ovvero una certa sicurezza in palestra con pericolose conseguenze fuori (imprescindibile è un allenamento quantomeno parallelo tra palestra ed esterno)
  • allontanamento dalla situazione urbana in cui è nato il parkour (insistere sui valori corretti e studiare anche la storia della disciplina)
  • responsabilità legali (boh?!)

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