Report di 5 giorni di
allenamento
29 dicembre 2014
La presenza di una donna (Betta) praticante di parkour
all'interno della delegazione italiana fin dal primo momento ha suscitato
interesse nei media. Già durante il primo allenamento, infatti, una televisione
locale e la televisione di al jazeera si sono presentate all'allenamento con l'obiettivo
di documentare non solo il lavoro della cooperazione italiana ma anche la
presenza dell'unica donna che abbia mai praticato parkour nella striscia di
Gaza. È la stessa giornalista a dichiarare ed enfatizzare l'importanza e
l'eccezionalità della pratica da parte di una ragazza di una disciplina
considerata solo maschile a Gaza oltre che la novità di un allenamento misto.
Il primo allenamento si svolge nella palestra di jabalia, voluta da Muhammad
(3run gaza). I giovani e numerosi praticanti sono increduli nel vedere una
ragazza che si allena con loro, mantengono le distanze ma si può dire che, al
di là del vistoso imbarazzo, non ci siano problemi di accettazione.
30 dicembre 2014
Il secondo giorno ci spostiamo per allenarci nella
grande piazza pubblica del quartiere di Sheik Zaied. La situazione cambia drasticamente e la presenza di
una donna nel gruppo si rivela di difficilissima gestione. Infatti, non appena i praticanti cominciano ad allenarsi nella grossa piazza,
molti adulti locali si radunano senza pudore intorno alla ragazza,
commentandola e seguendo i suoi movimenti, al punto che uno dei praticanti
gazawi le chiede fermamente di smettere subito di allenarsi. Spiega che il suo
obiettivo è quello di proteggerla dagli evidenti e irrispettosi commenti e
sguardi indiscreti. Il messaggio che gli uomini sembrano mandare: "una donna che si allena in
piazza tra gli uomini si può guardare e commentare". Particolarmente
frustrante è stata la sensazione di impotenza che tutti abbiamo provato a
causa del gap culturale e della barriera linguistica.
31
dicembre 2014
Il terzo giorno ci alleniamo presso l'università
statale di Al Aqsa, a Khan Younis. Se siamo sospetti e sull'attenti a
causa di quanto accaduto il giorno prima, ci accorgiamo subito di quanto il
clima universitario non sia paragonabile all'atmosfera della piazza di un
quartiere periferico.
E proprio in università che, grazie alla
determinazione della coordinatrice della carovana Meri Calvelli, siamo riusciti in
qualcosa di importante dando luogo ad un breve momento di allenamento
misto. Al solito gruppo di praticanti si sono aggiunte una ventina di donne e
insieme (o meglio, un cerchio di donne e uno di uomini) ci siamo
riscaldati con qualche andatura e giri di corsa. Gli spalti erano gremiti di
donne entusiaste e stupite, che incitavano il gruppo e facevano foto.
Il gruppo
femminile ha poi continuato ad allenarsi autonomamente seguendo la ragazza
italiana. Un episodio che, per quanto isolato, può essere letto come l'inizio
di un percorso.
1 gennaio 2014
Al quarto giorno di allenamento si percepisce l'evoluzione del rapporto tra la
ragazza e i praticanti gazawi. Dall'incredulità e invadenza iniziale, infatti,
tanti ragazzi sono passati al rispetto e allo scambio reciproco, non senza
qualche scontro diretto e ammonizione dei più arroganti.
I valori quali l'importanza del gruppo, la
condivisione e il rispetto del compagno trasmessi dai coach ai praticanti
si sono estesi anche nel rapporto con la praticante che poco a poco viene
considerata come parte del gruppo: incitata, ascoltata, supportata.
Nell'allenamento nella piazzetta pubblica del quartiere di Khan Younis abbiamo l'impressione che il gruppo si senta più rilassato ed è forse proprio questo a far sì che, nonostante le nostre paure, la brutta situazione vissuta nella piazza di Sheik Zaied non si ripeta.
Nell'allenamento nella piazzetta pubblica del quartiere di Khan Younis abbiamo l'impressione che il gruppo si senta più rilassato ed è forse proprio questo a far sì che, nonostante le nostre paure, la brutta situazione vissuta nella piazza di Sheik Zaied non si ripeta.
Il
pubblico maschile sembra più rispettoso e meno invadente, anche grazie ai praticanti locali che sembrano aver elaborato strumenti di difesa: consigliando agli
uomini di guardare da lontano che si vede meglio, di non commentare perché
distraggono ma di applaudire.
2 gennaio 2014
Il penultimo giorno organizziamo un allenamento nella
piazza centrale centrale di gaza city.
Un po' a causa dell'infortunio di uno dei coaches italiani e un po' per la
stanchezza, la praticante decide di fare da assistente.
I ragazzi accettano qualche consiglio dalla ragazza,
oltre che sia lei a scandire i tempi di alcuni esercizi e di valutarne la
correttezza. È una mossa che il primo giorno di allenamento sarebbe stata
impossibile. I passanti osservano con ironia penetrante la situazione ma i
praticanti continuano.
3 gennaio 2015
Osserviamo
i ragazzi esibirsi nel loro show il giorno dell'evento finale, chiedendoci
quanto abbiamo trasmesso loro, osservando quanto l'idea di parkour possa essere
male interpretata da chi impara dai video di you tube, ma anche quanto il
parkour sia facile (facilmente strumentalizzabile?) e bella metafora di libertà e voglia di volare.. oltre
l'assedio.
Alcune voci femminili che ci hanno accompagnato
Rewa:
"una donna che cammina per strada insieme a degli
uomini è considerata a tutti gli effetti una prostituta."
"Durante la cena di capodanno: tutte le donne
intorno a noi dentro di loro desiderano ballare, ma da quando c'è Hamas non
possiamo più farlo."
"Non mi pace il velo, ma devo metterlo."
Le donne dell'università:
"quando siamo tra di
noi guardiamo il video della zumba, una danza che che i piace moltissimo.
Ci piacerebbe poter andare in giro in canottiera come queste ballerine."
"Nessuna di noi è sposata, altrimenti non saremmo
qui a studiare. A Gaza appena ti sposi perdi la tua libertà. E vivi tra le mura
di casa."
"Ti posso mettere il mio velo?"
"Perché? "
"Vogliamo capire se sei bella o no, con i capelli
non capiamo."
Betta:
"Sono rimasta affascinata dai grandi passi fatti in
solo 5 giorni. La popolazione mi è sembrata profondamente consapevole e
ricettiva, oltre che ironica. Come del resto è il popolo di Gaza che ho
conosciuto: ha voglia di libertà, di progresso, di guardare oltre al
muro."
"le donne, che hanno subito anche le restrizioni di
Hamas, mi sono sembrate coraggiose, aperte e dignitose. Credo che che si possa pensare ad un percorso di
parkour al femminile, dove lo sport diventa strumento di libertà e di
rivendicazione."
1 commento:
Grazie Gato per questo racconto, serve tanto a farci comprendere cose che, dai media e dalla "fantasia" di chi è distaccato e senza motivazione a riflettere, sembrano impossibili da capire. La mia fiducia nell'essere umano ne esce rinnovata. Comprendere una cultura significa non solo osservarne la dimensione di Terra, ma anche di Orizzonte, e con queste righe ci hai raccontato una dimensione di Orizzonte molto interessante e propositiva. Grazie a chi ha deciso di mettersi ulteriormente in gioco andando a fare questa esperienza.
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