domenica 8 febbraio 2009

Esplorare

L'eslporazione dell'ambiente è un'attività che, in un modo o in un altro, tutte le forme di vita praticano, infatti trovo difficile tracciare una linea che separi la percezione dall'esplorazione. I vantaggi di cui gode un vivente che esplora l'ambiente che lo circonda sono molti: individuare risorse, partner sessuali, rifugi. D'altra parte ci sono dei rischi nello spostarsi (nei casi in cui si riveli necessario ai fini dell'esplorazione), dall'incappare in un predatore al trovarsi in ambiente ostile. Così gli istinti di esplorazione e di dispersione si aggiustano nel corso della storia evolutiva di un phyla in base alle caratteristiche della specie e dell'ambiente. Nei mammiferi sembra che la principale struttura neurale che sovrintende il meccanismo dell' esplorazione di nuove aree sia il cervelletto, responsabile sia della coordinazione motoria richiesta che della produzione della motivazione.

Tutto ciò è sicuramente vero anche in H. sapiens, sebbene per l'uomo (probabilmente anche per altri animali) intervengano meccanismi motivazionali più fini. In psicologia si usa il concetto di motivazione intrinseca per designare i meccanismi motivazionali che spiegano l'attività di gioco o quella esplorativa, in sostanza quei comportamenti che non richiedono rinforzi per il loro mantenimento. Quindi un essere umano prova una spinta innata a manipolare, interagire ed esplorare l'ambiente. L' esplorazione compare nella prima infanzia nella forma locomotoria, quando il bambino muove il suo corpo per prendere le misure dello spazio, investigativa attraverso la manipolazione degli oggetti, e orientativa in occasione della modificazione dell'ambiente. La disponibilità all'esplorazione, che nel bambino si manifesta nel gioco e nella curiosità, è direttamente proporzionale alla sicurezza di base che gli consente di entrare senza troppa ansia in ambiti sconosciuti (Dizionario di Psicologia, Galimberti).

La città offre insapettate occasioni di abbandonarsi al piacere dell'esplorazione: qua e là l'urbanizzazione sregolata e i grandi capitali hanno creato isole selvagge ed inesplorate. Grandi edifici dimenticati, fabbriche fallite, ospedali abbandonati, reti fognarie, tunnel di servizio; tutti luoghi accomunati dall'estremo interesse che ricoprono come obiettivi di infiltrazioni esplorative. Negli ultimi tempi molti urbanisti hanno compreso che il comportamento umano verso lo spazio circostante è almeno in parte determinato da adattamenti filogenetici. [...] L'uomo, con molta probabilità, è soggetto a una quantità di pulsioni geneticamente determinate che riguardano il suo comportamento relativo allo spazio, e che non devono essere trascurate a lungo se non si vuole che diventino motivo di insoddisfazione. Pulsioni che risalgono al periodo in cui l'uomo viveva come cacciatore raccoglitore. (Da Etologia Umana)

Beh, non so voi, ma personalmente sono insoddisfatto! Tra motivazioni intrinseche, pulsioni arcaiche, istinti atavici e ipertrofia de cervelletto non riesco proprio a trattenermi dall'esplorare, dal curiosare e dal misurare. E quale meta più ambita di un posto dove non si suppone che uno vada a ficcare il naso (sennò, diciamolo, che esplorazione è)? Bene, ecco i presupposti all'urban exploration.

2 commenti:

ilrosso ha detto...

Ciao gato,
Sono davvero dei motivi innati e naturali a spingere ancora l'uomo ad esplorare?
In natura, un animale libero esplora perchè spinto dallo spirito di sopravvivenza; ad esempio un erbivoro per assicurarsi una speranza di vita, va alla ricerca di un pascolo verde e rigoglioso una volta perso o consumato quello usato fino a quel momento. Un predatore segue un branco di prede, e si sposta insieme a loro in maniera tale da poterli cacciare.
L'uomo antico, come tu hai scritto, faceva esattamente queste cose e ha continuato a farle fino a quando non si è aggiudicato uno standard di vita stabile. Ora, l'uomo moderno, può ancora essere spinto all'espolorazione da questi motivi? Dallo spirito di sopravvivenza? Io non credo. Se non in casi eccezionali.
Ma nel mondo moderno, dove queste richieste naturali che spingono gli animali all'espolarazione sono state tutte trovate ed è possibile soddisfarle in un ambiente sicuro, cosa può spingere davvero l'uomo ad esplorare?
Se io ora sono sicuro di poter soddisfare tutte queste richieste naturali con un minimo sforzo, e in un luogo che conosco, cosa spinge me ad arrischiare la mia incolumità nell'esplorare luoghi ignoti? Che ne è dello spirito di sopravvivenza? Non dovrebbe inibire le pulsioni, dato che ora arriverebbero solo a metterci in pericolo spingendoci in luoghi sconosciuti senza un vero motivo?

gato ha detto...

ciao rosso, grazie per esserti preso la briga di commentare in maniera costruttiva!
Dunque, quello che penso è che un paio di millenni di vita moderatamente agiata non possano avere, sostanzialmente, cambiato gli istinti umani.. è passato troppo poco tempo per cambiare l'uomo a fondo. Quello che ci cambia, come tu giustamente sostieni, è l'ambiente molto diverso da allora. Ma basta pochissimo a risvegliare in noi i vecchi istinti. Certo, poi, interviene la cultura che (nel bene e nel male) inibisce gli istinti così che la maggiorparte delle persone non si lascia mai andare. Io credo che, alla lunga, questa negazione delle propie pulsioni crei dei danni che possono manifestarsi in molti modi.. penso sia più pericoloso allontanarsi dalla propia natura piuttosto che assecondarla (sempre nei limiti del rispetto reciproco), sennò perchè faremmo parkour?
;)
g