martedì 25 agosto 2009

Lo stupro

Ed ecco a voi, a gran richiesta, le masse impazziscono, le femmine si eccitano, i maschi si bullano, i media sbavano: finalmente il Barclay's World Freerunning Championships 2009.





ecc.. (ce ne sono altre parti)

Ora sono troppo amareggiato per scrivere tutto quello che penso. Solo ci tengo a precisare che il nucleo della questione non è la critica alla competizione in quanto tale (sono pur sempre un evoluzionista, vedo la competizione ovunque e ho imparato ad accettarla, entro certi limiti) quanto, piuttosto, tutto ciò che le ruota intorno. Leggetevi qui qualcosa, se vi interessa, e fatevi le vostre riflessioni.

Vi lascio con un haiku:
Io tornavo infuriato
Offeso
Il salice nel giardino


PS: 3 dei primi 4 piazzati sono della WFPF, la federazione dedicata all' - cito - "avanzamento rispettoso e sicuro della comunità di Parkour nel mondo" e alla diffusione di numerose altre ipocrisie.. complimenti ragazzi, bel lavoro.

domenica 23 agosto 2009

Equilibrismo e slacklining

Ottimo sistema di condizionamento muscolare e di miglioramento dell' equilibrio, la slack line è una fettuccia tesa tra due ancoraggi sulla quale si cammina, si sosta e si manovra in diverse maniere.

Per chi è interessato su youtube ci sono numerosissimi tutorial su come montarla (ci sono diversi modi, con diverse attrezzature) e su come muoverci i primi passi. A me non rimane che incoraggiare tutti i traceur a provare..

Qui il gatto e la volpe che si divertono:

mercoledì 19 agosto 2009

Deontologia professionale

Dunque, questa volta cercherò di non prendere l'argomento troppo alla larga (interessante, comunque, il concetto di etica deontologica contrapposta al consequenzialismo ;) ). Voglio trattare un argomento spinoso: il rapporto tra parkour e soldi.

Ho portato a termine, nel corso della mia vita da traceur, alcuni lavori per i quali ho ricevuto compensi. Tipicamente le nicchie lavorative sfruttabili sono la pubblicità, gli show dal vivo e l'insegnamento. Ho avuto modo di lavorare in tutti e tre i campi: ho partecipato alla realizzazione dello spot delle Ferrovie del Gargano, di un video aziendale per la Iveco, di un servizio fotografico per una rivista specializzata (Ars Sutoria); mi sono esibito in pubblico in eventi grandi come Game Land e piccini come la festa di contrada di Calusco; ho coordinato stage di Parkour come al Tocatì di Verona. Ad essere sincero non ho accettato tutti i lavori che mi sono stati proposti, ma solo quelli che mi garantivano di non uscire dalla mia deontologia professionale.

In realtà non è poi chissà che cosa questa mia deontologia professionale, solo qualche principio irrinunciabile che dipende dal tipo di lavoro che mi viene richiesto. In sostanza:
  • per l'insegnamento: l'unico principio irrinunciabile in questa circostanza è la libertà d'azione. E' inammissibile accettare richieste tipo insegnare solo le acrobazie oppure evitare di far vedere le cose pericolose o di caricare troppo il condizionamento. E' importante, inoltre, capire se l'evento è gratis o a pagamento, e se è a pagamento, chi si ciuccia i soldini. In casi del genere non ho mai ricevuto un compenso ma solo un rimborso spese: l'insegnamento è bene che rimanga low cost.
  • per le esibizioni: importantissimo è riuscire a veicolare alcuni concetti fondamentali, prima durante e dopo lo show. Ciò che bisogna far capire al pubblico è molto semplice: quello che stanno vedendo non è assolutamente parkour, è solo un esibizione spettacolare delle capacità che un traceur ha sviluppato allenandosi nel parkour e seguire con una breve definizione della disciplina come sistema di spostamento efficiente. Quindi per accetare un lavoro del genere deve essere garantito un canale comunicativo col pubblico o non si deve mai fare riferimento al parkour. Il compenso dovrà essere commisurato alla natura dell'evento, un grosso evento potrà (e dovrà) permettersi un ottimo compenso mentre un eventino locale no, e va bene così.
  • per le pubblicità: se i pubblicitari intendono sfruttare le capacità che ho accumulato facendo parkour, ma senza mai nominarlo nello spot, allora è ok, farò tutto ciò che sono capace di fare; se, invece, si intende sfruttare (attraverso di me) il parkour come disciplina le cose si complicano: innanzitutto niente movimenti inutili tipo flips, inoltre sarò più rigido nelle valutazioni (comunque imprescindibili) del prodotto reclamizzato, del messaggio dello spot e dei possibili risvolti razzisti, sessisti, classisti o specisti. I compensi sono generalmente ottimi, le produzioni hanno i soldi e non c'è da farsi problemi a chiderli.
Un altra possibilità di generare reddito è quella di "vendere" un video ad una televisione, è raro ma può succedere che un certo programma televisivo abbia bisogno di pezzi di un video di parkour per i suoi motivi. Ho venduto i diritti di un mio video a rete4 perchè lo trasmettessero in una bruttissima trasmissione sui ladri acrobati. In questo caso le cose si fanno difficili, bisogna per prima cosa leggere bene il modulo di cessione dei diritti, cercano sempre di fregarti. Io sono riuscito (dopo una settimana di rimaneggiameto del modulo di cessione dei diritti) a vendere il video NON in esclusiva e a obbligare il presentatore della trasmissione a spiegare cosa è il parkour e quale era il contesto originale del mio video. So che non è molto, ma Davide batte Golia solo in alcune favole.

Non è essenziale mantenere eternamente separati il parkour dal lavoro, ma è necessario rispettare una deontologia professionale che salvaguardi la nostra disciplina almeno un po'.


venerdì 7 agosto 2009

Sulla felicità

Ecco un estratto da un articolo che ho letto sull'Internazionale di questa settimana. L'autore è Pico Iyer e scrive per il New York Times.

[...] Non ho la bici ne la macchina, la tv non la capisco e non ho altri mezzi di comunicazione. Le mie giornate sembrano durare un'eternità, eppure non mi viene in mente niente che mi manchi. Non sono un monaco buddhista e non posso dire di amare la privazione o l'idea di dover fare un'ora di strada per stampare l'articolo che ho scritto. Ma a un certo punto ho deciso che, almeno per me, la felicità non stava in tutto ciò che volevo o di cui avevo bisogno, ma in tutto ciò che non volevo. Così ho cercato di capire cos'è che davvero conduce alla pace interioreo alla concentrazione, che è il punto più vicino alla comprensione della felicità a cui io sia mai arrivato. [...] Forse la felicità, come la pace o la passione, arriva soprattutto quando non la cerchi. Se preferite la libertà alla sicurezza, se state più comodi in una stanza piccola che in una grande e trovate che la felicità consista nel far corrispondere i desideri alle necessità, allora non è correndo come pazzi che troverete la gioia.


PS: Quel che c'avemo c'avemo, e quel che c'avemo è necessario.